Adesso, con un breve esempio, proviamo a mettere in pratica tutto quanto ho scritto in precedenza, analizzando le prime misure del Preludio n. 4 dall’opera 28 di F. Chopin; un brano, in verità, considerato facile (sic!).
Credo sia abbastanza evidente per tutti osservare che la parte affidata alla mano destra, presa separatamente, appare come una semplice melodia, priva d’ogni significato; anzi, si può definire addirittura banale. Sostenuta opportunamente dal contesto armonico che figura alla sola mano sinistra, invece, s’illumina e s’effonde in tutta la sua incomparabile bellezza; è un canto triste, struggente, che arriva a momenti di disperazione totale, per finire nel nulla, quasi ultimo sospiro di morte! E questo succede soltanto in poche misure.
Tutto il gioco, quindi, tutta la linfa vitale del brano scaturisce da una complessa serie di accentuazioni presenti nel procedimento armonico della mano sinistra. Osserviamolo insieme, da vicino. Per mettere bene a fuoco ogni particolare del disegno è preferibile schematizzarlo, riscrivendolo nel modo seguente:
1 - I numeri 1, 2, 3, 4 e 5 indicano un' appoggiatura.
2 - Le legature di portamento collegano ogni appoggiatura alla sua risoluzione.
Ma questa non è che una parte; nel frammento citato esistono ancora altri particolari non meno importanti, che vanno sommati a quelli già analizzati:
I numeri racchiusi in un circoletto evidenziano l’esistenza d’altre situazioni che necessitano d’essere
sottolineate ed accentate espressivamente:
1 – Ai numeri 6 e 8: presenza dissonanze!
2 – Al numero 7: alterazione provvisoria = modulazione!
In tutti i casi evidenziati è d’obbligo una dissolvenza di volume; così:
Ma se ciò è vero – e indubbiamente lo è – ai punti 6, 7 e 8 ci troveremo in gran difficoltà: il calo di volume, obbligatorio per la risoluzione d’appoggiatura, coincide con l’accento espressivo necessario alla dissonanza o la modulazione. Come fare a crescere e diminuire in contemporanea? Niente paura! Quella che chiamo scherzosamente la suggestione d’ascolto ci verrà incontro, per nostra fortuna. Infatti, adopreremo il calo di volume per la risoluzione d’appoggiatura e l’allungamento temporale per la dissonanza e la modulazione. Così:
(N.B. Il segno V indica il punto dove eseguire l’allungamento temporale)
Credete risolto ogni problema? Neanche per sogno! L’uso delle forcelle, infatti, produrrà un affievolirsi progressivo del suono fino al suo totale spegnimento, se non vi apportiamo alcun correttivo. In altre parole, è indispensabile trovare dei punti neutri nei quali riprendere quota, aumentando gradatamente (e quasi impercettibilmente) il volume sonoro; i migliori sembrano, a mio parere, quelli che precedono un’accentuazione o un allungamento temporale. La scrittura in quartine di ottavi ci viene in aiuto e il risultato potrebbe essere - grosso modo - così:
Naturalmente, per rendere ben visibili questi segni dinamici mi vedo costretto a scriverli in grande;
in realtà la loro quantità va intesa come differenza quasi microscopica, tanto microscopica che solo l’esecutore dovrà essere in grado di rilevarla. E chi ascolta? I professionisti esperti capiranno subito di che si tratta, i meno esperti si limiteranno ad osservare: “C’è qualcosa di magico in questo suono, non riesco a capire cosa sia, comunque è molto bello”.
A questo punto mi aspetto la domanda:
- Come diavolo si fa a realizzare un crescendo e un diminuendo nello stesso momento e, soprattutto, con una sola mano?
Risposta:
- L’indipendenza delle dita – che vedo sbandierata a destra e a manca con gran disinvoltura – cosa credete che sia?
Solamente la capacità di alzare un dito, mentre un altro si abbassa? Questo credete? Troppo facile!
Indipendenza delle dita, per me, ha un significato assoluto: poter fare qualsiasi cosa, anche usando meccanismi diversi, nello stesso momento.
Come? Ve lo dico la prossima volta.
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